Ossessione d’amore

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Gentile Dottore,

Le scrivo per capire cosa mi sta succedendo. Da circa tre mesi si protrae la fine della relazione con il mio compagno, un’intensa storia durata quattro anni e ora forse finita per sempre poiché si è trasferito per lavoro negli Stati Uniti. 

Il dramma della fine della relazione mi accomuna a molti amici che mi danno il loro supporto, mentre ciò che mi sta dilaniando è il fatto che io sono ossessionata dal seguire ogni sua mossa su Facebook, ogni suo commento sulle tante chat comuni su WhatsApp. Ogni foto pubblicata su un social, ogni ‘like’ al commento di un amico, arrivano come lame affilate. Ogni notizia che pubblica, ogni evento al quale partecipa, li sento come un insulto o accusa per la mia assenza. Io non sono lì, io sono esclusa.

Il peggio è sapere altre cose della sua vita che non conosco, e chissà cos’altro mi nasconde. Sono tormentata all’idea che se potessi essere presente o almeno sapere cosa fa, cosa pensa, chi frequenta, forse potrei recuperare il rapporto tra noi…eppure so che proprio la gelosia eccessiva di entrambi, e l’incapacità di darci autonomia, ci ha condotti a chiudere la relazione. Oggi, sebbene sia finita, io sono ancora legata, gelosa e a volte invidiosa della sua vita senza di me.

Paola 32 anni, Padova

 

Cara Paola,

Ricevo tantissime lettere sulla dipendenza affettiva e sull’ossessione al controllo che molte persone si trovano a sperimentare in questa epoca di proliferazione di strumenti “social”. Il loro uso e abuso e la loro onnipresenza spesso irretiscono le persone in un fitto sistema di inseguimento mediatico dell’altro. Questo non consente loro di comprendere dentro sé le ragioni del cambiamento di una relazione, o della sua fine, e di trovare insieme all’altro stumenti e momenti  che diano risposta o permettano di capire davvero in quale direzione va quella relazione.

La dipendenza affettiva è un vero e proprio disagio. Chi ama troppo è ossessionato dall’altro e chiama questa ossessione amore, misurando i propri sentimenti in base alla profondità del proprio tormento. Chi “ama troppo” sente di contare qualcosa solo se è all’interno di un rapporto ed è portato a giustificare e sopportare qualsiasi mancanza di rispetto da parte dell’altro.

Presto ci si dimenticherà di sé e dei propri interessi chiudendosi nella relazione e cercando di cambiare il partner perché diventi somigliante a ciò che si vorrebbe che fosse.

I sintomi dell’ossessione d’amore sono la perdita di serenità e autostima, gelosie ingiustificate, un senso di vuoto e di smarrimento in assenza del partner, difficoltà a essere se stessi nel timore di essere rifiutati e ansia nel rapportarsi con il partner.

La dipendenza affettiva, di solito, si instaura verso un partner sfuggente, molto occupato o con un’altra relazione. Questa condizione alimenta presto un “bisogno” (di tempo, di attenzione, di affetto) al quale si pensa di far fronte provando a cambiare l’altro o fuggendo, impegnandosi in hobby, sport o lavoro. Cercando, in definitiva, delle risposte “al di fuori di sé” più che “dentro di sé”. Ma la dipendenza affettiva trova le proprie origini nei vissuti infantili: esperienze di abbandono, trascuratezze e privazioni affettive lasciano un segno doloroso del quale tutto questo è conseguenza.

Prendere coscienza di essersi cacciati dentro un meccanismo di non accettazione di sé, e in fondo anche dell’altro, vuol dire fare un grosso passo in avanti. Se la dipendenza affettiva spinge a controllare l’altro, la prima cosa da fare è sicuramente limitarsi in tale controllo. Ma da soli non è semplice.

Probabilmente l’atteggiamento più costruttivo è condividere i propri vissuti e confidarsi reciprocamente. Ognuno può aver attraversato un periodo di “dipendenza affettiva”: la possibilità di uscirne e di creare in seguito rapporti più autentici risiede nella capacità di prendere coscienza del problema evitando di incastrarsi in un circolo vizioso che potrebbe impedire ogni tipo di cambiamento dentro di sé.

In fondo anche il partner che ci “tormenta” soffre. Spesso portatore di un problema di espressione degli affetti, questi non è in grado di vivere un amore maturo e ripete un copione che non gli permette di realizzarsi appieno all’interno di una coppia.

Ma se il disagio e la sofferenza diventano così pesanti da compromettere la vita quotidiana, allora è bene cercare un aiuto psicologico per intraprendere un percorso di consapevolezza e di più chiara visione della realtà.

Forse si scoprirà che si sta insieme per riempire un vuoto interiore o per evitare di guardarsi dentro. Ma non è possibile costruire una relazione con l’altro se prima non si stabilisce una relazione con se stessi. Non si sta amando veramente se le conseguenze sono  l’ansia, l’infelicità, la manipolazione e soprattutto il controllo dell’altro. Col tempo forse si potrà sperimentare un innamoramento meno “tormentato” e senza maschere, capace di lasciare il posto a evoluzioni lontane dallo stato di immobilità al quale la dipendenza affettiva ci aveva consegnato.

 

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