Caro dottor Geraci,
Da circa un mese mi succede una cosa che sfugge al mio controllo e alla mia volontà, come se fossi fuori da me stesso.Di notte mi capita di prendere d’assalto il frigorifero spinto non dal desiderio di un cibo specifico, ma da una fame indistinta che mi porta prima a mangiare uno yogurt, poi magari fette biscottate con wurstel, poi un budino e infine gli avanzi della cena. Dopo, placata la fame e il nervosismo, dormo abbastanza bene.
Quello che mi spinge a scriverle è il senso di colpa sia perché di notte finisco per mangiare tutte quelle cose che di giorno evito accuratamente, come il pane o i dolciumi, sia perché ho paura di ingrassare proprio adesso che vedo i risultati della palestra. Può dirmi qualcosa? Magari non succede soltanto a me.
Un caro saluto e grazie,
Giuliano (Torino)
La risposta del Dottor Geraci
Giuliano,
La paura (realistica o meno) di essere grasso o di ingrassare rende spesso più vulnerabili e finisce per condizionare negativamente il nostro stile alimentare. Oggi si ricorre sempre più spesso a diverse diete “fai da te” con la conseguenza che non si dimagrisce in modo duraturo e si sta sempre a dieta.
Un fenomeno paradossale, poiché favorisce un atteggiamento di limitazione continua nell’assunzione dei cibi che, col tempo, porta a una sorta di “angoscia da dieta” i cui tre principali meccanismi sono la classificazione dei cibi in “buoni e cattivi”, la perdita di alcune sensazioni naturali e i sensi di colpa.
Il primo meccanismo trasforma la mente del soggetto in una specie di poliziotto che nega l’ingestione di qualsiasi cibo che possa contenere dei supposti elementi “cattivi” (in genere grassi e zuccheri,) permettendola, invece, ai presunti “buoni” (verdure, fibre, complessi vitaminici, ecc).
Il secondo meccanismo porta il soggetto a non tenere più conto delle proprie reali necessità, finendo col danneggiare la naturale capacità di regolarsi secondo sensazioni come fame, gusto, sazietà.
Il terzo meccanismo, e veniamo al suo problema, si presenta quando la forza di volontà che sostiene le privazioni inevitabilmente cede: il soggetto si ritrova così a mangiare smodatamente e avverte un acutissimo senso di colpa.
Questo comportamento viene definito “craving” e indica l’abitudine saltuaria a mangiare in modo incontrollato, da soli e rigorosamente durante le ore notturne. Un disagio che può anche essere passeggero, ma che certamente segnala un disturbo emotivo meritevole d’attenzione.
Nel suo caso sarei più cauto, perché affinché lo si possa definire un disturbo vero e proprio, l’episodio deve ripetersi una o due volte a settimana per almeno tre mesi. Il suo è certamente un comportamento alimentare atipico che segnala sia la paura di una “perdita del controllo” che il bisogno di raggiungere un senso di “sazietà”. Una sazietà fisica e mentale che ricorda quella dell’infanzia, in cui il cibo consola e calma, riportandoci al primo contatto con la madre che nutrendoci estingue ogni tensione e paura.
Nella maggioranza dei casi, invece, le abbuffate notturne sono da collegare a un tentativo inconsapevole di allontanare emozioni intollerabili. Queste sono spesso generate da situazioni lavorative o affettive che ledono l’autostima o sono conseguenti a eventi stressanti spesso inconsapevoli. La sensazione di sazietà allontana un’emozione inespressa, consola un’aspettativa delusa, colma il vuoto di una perdita. Ma dura lo spazio di una notte o, al più, di qualche giorno.
In ogni caso è bene raccogliere il messaggio che un comportamento incontrollato ci invia: un colloquio psicologico può essere un semplice e valido aiuto perché, da un lato, un ascolto empatico permette di comprendere già in quale ambito della propria vita rintracciare l’origine del disagio, dall’altro attraverso una più attenta osservazione delle caratteristiche del “craving” si possono scegliere anche altri alleati (il medico di famiglia, il nutrizionista, lo psicoterapeuta).
Ma, soprattutto, il protagonista della vicenda torna ad essere il soggetto, la sua volontà e la sua storia che, come da lei segnalato, il disturbo rischiava di spodestare.