La PrEP può essere assunta quotidianamente oppure attraverso una posologia “al bisogno”. Nel secondo caso vengono prese quattro pillole nei giorni intorno a quello in cui si teme che si possa incorrere in un rapporto a rischio (due capsule 24 ore prima, una nel giorno del rapporto e una il giorno successivo).Se assunto correttamente, il farmaco ha un’alta efficacia (circa 90%) nell’impedire all’eventuale virus dell’HIV di attecchire e di replicarsi ma non protegge dalle altre malattie sessualmente trasmesse.
Fino allo scorso settembre soltanto un medicinale, il Truvada, era registrato per questo fine ma il costo proibitivo (700 euro per una confezione contenente 30 pillole) ne pregiudicava la somministrazione. Dallo scorso ottobre, invece, la casa farmaceutica milanese DOC Generici ha messo in commercio il principio attivo (emtricitabina/tenofovir disoproxil DOC) al costo di 115 euro per una confezione da 30 pillole. Il codice del farmaco è 044113013.
Primo punto critico: in Italia (a contrario che in Francia, ad esempio) per le persone non sieropositive e che non sono sotto trattamento pubblico, i farmaci antiretrovirali non sono forniti dal Sistema Sanitario Nazionale. Quindi chi intende farvi ricorso a scopo di prevenzione (come nel caso del protocollo PrEP) li deve pagare di tasca propria dopo aver ricevuto una ricetta medica. La cosa incredibile è che la gratuità non è prevista nemmeno per le categorie di cittadini particolarmente a rischio: partner di persone sieropositive e sex worker (che con ipocrisia tutta italiana, si fa finta che non esistano e che non meritino tutela sanitaria!). Questo è uno degli aspetti più controversi dell’intera questione: la PrEP può essere prescritta da un infettivologo non in base a un protocollo o a direttive vincolanti, bensì a discrezione del medico.
Nelle grandi città i medici sembrano essere disponibili a prescrizioni trimestrali della pillola, ma cosa accadrebbe se – per esempio in provincia – ciò non avvenisse? I potenziali pazienti sarebbero costretti a un pellegrinaggio da un ospedale all’altro alla stregua delle donne che chiedono la prescrizione della pillola del giorno dopo?
Secondo punto critico: come detto, non esiste ancora un percorso strutturato ma soltanto linee guida, in questi giorni in corso di aggiornamento per il 2018, non obbligatorie e che non prevedono esami e monitoraggi per rilevare eventuali effetti collaterali. Anche in questo caso, prelievi e analisi sono facoltativi e a carico dei pazienti. Quindi si perde l’occasione di monitorare un fenomeno sanitario importante, dare informazioni accurate per la saluti dei cittadini e fare prevenzione sanitaria.
Terzo punto critico: è inutile nascondere che molti italiani si procurano le pillole online a prezzi decisamente più bassi (50 euro a scatola). Nella maggior parte dei casi i medicinali arrivano in Italia dall’India con l’Inghilterra come tappa intermedia. L’acquisto in Rete è illegale ma chi sostiene la diffusione della PrEP fa appello a un precedente legato all’acquisto all’estero di farmaci anti epatite C. Il fatto risale allo scorso marzo, quando il ministero della Salute ha emanato una circolare nella quale è scritto che «come è noto nessun medicinale può essere commercializzato in Italia senza avere ottenuto un’autorizzazione da Aifa – l’Agenzia italiana del farmaco – o di livello comunitario». Tuttavia il ministero nello stesso atto introduce due deroghe: «Medicinali posti regolarmente in vendita in Paesi esteri ma non autorizzati all’immissione in commercio sul territorio nazionale, spediti dall’estero su richiesta del medico curante» oppure «medicinali regolarmente registrati in Paesi esteri, che vengono personalmente portati dal viaggiatore al momento dell’ingresso nel territorio nazionale, purché destinati a uso personale per un trattamento terapeutico non superiore a 30 giorni». Insomma, si tratta di un iter che di certo non favorisce le pari opportunità nelle cure mediche, né la sicurezza e i controlli di qualità del farmaco.
Infine il quarto punto critico, sul quale bisogna porre la massima attenzione: è importante ribadire che i farmaci antiretrovirali non proteggono dalle malattie sessualmente trasmesse, pertanto la loro assunzione non deve comportare una minore attenzione alla propria salute sessuale. Infatti, complice proprio la cattiva o mancata informazione che questo iter sanitario comporta, assistiamo ultimamente a una sempre maggiore ignoranza sulle malattie sessualmente trasmissibili e sull’importanza dell’uso del preservativo sempre e comunque.
Molti ragazzi credono che la PrEP sia un passpartout per il sesso praticato senza precauzioni. Una convinzione errata che si aggiunge alla già bassa percezione del rischio che ha causato la ricomparsa in Italia di sifilide ed epatite A, malattie un tempo debellate. Senza un programma sanitario nazionale con un monitoraggio costante e informazioni sulla riduzione del rischio e sulla propria tutela, non ci si può stupire che molti ragazzi, anche adolescenti, dichiarino di non utilizzare il preservativo. Oltre ai tanti giovani che assumono sostanze stupefacenti combinate al sesso, un cocktail che aumenta i rischi di trasmissione.
Una PrEP pubblica, gratuita, e dentro un protocollo di informazione sanitaria agli utenti sarebbe l’unica soluzione per far comprendere che riduce i rischi di contrarre l’HIV ma che non è un’alternativa al condom.
La regola d’oro, comunque, rimane usare il preservativo, sempre, poiché ha un livello di protezione del 98%. Inoltre, qualora durante un rapporto sessuale il condom si rompesse, è importante recarsi il prima possibile in un istituto di malattie infettive o in un pronto soccorso per richiedere la somministrazione della PEP (Profilassi Post-Esposizione).
La PEP, al contrario della PrEP, in Italia è gratuita (anche questo è quasi sconosciuto ai più) e viene data rispettando un protocollo preciso. Un incidente di percorso può essere un’importante occasione di incontro tra un infettivologo preparato e il cittadino, che può cosi parlare delle proprie abitudini sessuali e di come ridurre i rischi in futuro.
Nel caso della PEP, per quattro settimane vengono assunte le stesse medicine prese dai pazienti sieropositivi e, nell’80% circa dei casi, i farmaci sono in grado di evitare la trasmissione del virus. Importantissima è la tempistica: prima si inizia la terapia dopo l’evento a rischio (da 4 a 48 ore) e maggiori sono le possibilità di non contrarre il virus.
Ricordiamo che si può contrarre l’HIV anche in un rapporto di breve durata e senza eiaculazione, quindi è consigliabile non sottovalutare mai il pericolo. Infine va detto a chiare lettere che se una persona sieropositiva è in cura presso il Sistema Sanitario Nazionale avrà una capacità di trasmettere il virus prossima allo zero. Una persona sieropositiva che si cura con costanza è sana a tutti gli effetti e oggi, spesso, è tra le poche ad avere le giuste informazioni su come conservare una salute sessuale e generale nel rispetto di se stessi e degli altri.