Caro Dott. Geraci,
Non ho problemi economici e ho sempre amato spendere denaro ma negli ultimi due mesi qualcosa è cambiato.
Compro troppo, anche cose inutili o non adatte al mio appartamento. È come se mi mancasse il senso pratico, per cui mi piacciono cose che poi risultano inutilizzabili oppure faccio vere e proprie follie economiche (una settimana fa ho acquistato l’ultima bellissima Smart pur avendo già un’altra auto) che incidono pesantemente sul mio conto in banca.
Ho paura di finire sul lastrico ma poi mi dimentico della paura e compro prima un regalo importante per una mia amica e poi una cosa che mi pare impedibile…e sono punto e daccapo! Cosa mi succede?
Franca 70, Verona
Risposta
Sono sempre maggiori le segnalazioni di disturbi di questo tipo: persone che “acquistano compulsivamente”, cioè sperimentando un’emergenza perdendo il controllo e facendo propri oggetti non necessari, fuori dalle proprie possibilità economiche o che poi dimenticano in qualche cassetto.
Perché avviene questo? Le risposte sono diverse. È oramai noto che l’esperienza dello shopping può essere una forma di compensazione di uno stato emotivo negativo: entrando in un negozio abbiamo l’attenzione e il rispetto di commessi e inservienti, instauriamo una relazione “gentile” nella quale siamo al centro della scena ed ecco che arriva una dolce euforia come quando da bambini si era al centro dell’attenzione dei grandi.
L’acquisto di oggetti importanti talvolta nasconde l’inconsapevole tentativo di superare un complesso di inferiorità e il marketing conosce questo meccanismo “iniettando” uno status a tali oggetti. Ciò che crediamo di non essere possiamo illuderci di comprarlo, confondendo il proprio potere d’acquisto con il “potere” vero e proprio ma depotenziando sottilmente e progressivamente la nostra reale capacità di evolverci, accrescerci, migliorarci, acquistare valore personale, sociale, affettivo e umano.
Le strategie di mercato, la pubblicità, le tecniche di confezionamento e di vendita oramai sono fatte da esperti conoscitori dei meccanismi psicologici che sottendono al desiderio.
Ecco perché, oggi, l’acquisto di un prodotto può mettere in gioco l’identità di una persona. Viene alimentata un’illusione: “Ciò che non siamo o che vorremmo essere possiamo prenderlo all’esterno di noi stessi, acquistando gli oggetti che lo simbolizzano” o che ci fanno credere che lo simbolizzino. Ecco che un orologio o un cellulare, un’automobile o un vestito o ancora un profumo diventano, a turno, il sostituto di sicurezza, conforto, identità , appartenenza e, naturalmente, sesso e potere.
Purtroppo, però, tale sostituzione dura poco: gli oggetti presto perdono importanza e, soprattutto, si sperimenta il bisogno di nuovi acquisti, nuovi simboli, nuove euforie.
Cara Franca, pensando alla sua storia personale provi a riflettere su ulteriori significati possibili: il gratificarsi come sostituto di un’assenza di gratificazioni esterne; il tenere a bada uno stato ansioso poiché quella tensione positiva la cancella per un po’; il darsi sicurezza e identità in seguito a una condizione (lavorativa, relazionale, ecc) che ce ne ha privati. Allora comprenderà come l’esperienza dell’acquisto è psicologicamente più importante dell’oggetto acquistato. Dunque, se ci si vorrà affidare a questa precaria “autoterapia”, converrà farlo con la consapevolezza che siamo noi a dare il valore alle cose e non viceversa: l’euforia e la spensieratezza arriveranno anche con il semplice acquisto di piccole cose senza bisogno di rovinarsi.
Attenzione, però, perché alcuni acquisti possono diventare una vera e propria forma di dipendenza. Meglio stare attenti a segnali quali il senso di urgenza, l’incapacità di fermarsi una volta che si è iniziato, la sensazione di euforia mista a paura o angoscia, la tendenza a fare acquisti in maniera solitaria, il procurarsi un danno economico o relazionale nel proseguire questa condotta, eventuali sentimenti di colpa, vergogna, che seguono gli acquisti.
In tali casi potrebbe essere di giovamento l’intervento psicologico, potrà portare la persona a comprendere il valore simbolico di quel comportamento, arrivare alle radici del disagio, capire quali sentimenti, percezioni di sé, valutazioni o emotività lo sottendono e spezzare infine un circolo vizioso e costoso.