Per adattarsi al proprio ambiente, l’uomo deve formarsi un insieme di conoscenze affidabili sul mondo, che Weiss ha denominato credenze. Le credenze non sono semplici ipotesi o idee astratte, bensì costituiscono la visione delle realtà di una persona, l’insieme di convinzioni che la orientano e le permettono di fare previsioni.Le credenze fungono da guida per il comportamento, organizzano il modo in cui percepiamo la realtà e sono alla base degli affetti che proviamo nelle varie situazioni di vita. Sono dunque centrali per la strutturazione della personalità.
Esse si formano sin dall’infanzia e derivano dalle esperienze che viviamo con le nostre figure significative e dai loro insegnamenti: ciò che un bambino sperimenta nel proprio ambiente di crescita, ciò che osserva e impara dagli adulti per lui importanti, diventa ciò che per lui è la realtà e come per lui le cose devono andare; in questo senso, le credenze hanno anche un valore morale.
Per esempio, un bambino che cresce in un ambiente in cui i genitori valorizzano ed elogiano l’autonomia e l’indipendenza, soprattutto nelle persone di sesso maschile, potrebbe sviluppare la credenza che un “vero uomo” risolve sempre i propri problemi da solo senza mai chiedere aiuto: è così che si deve comportare.
Le nostre credenze, consce o inconsce che siano, rappresentano dunque la nostra realtà e ci guidano continuamente. Esse tendono ad auto-alimentarsi perché la nostra mente è naturalmente predisposta, per un principio di economia cognitiva dal valore fondamentalmente adattivo, a selezionare inconsciamente i dati che le confermano e trascurare o distorcere quelli che le disconfermano (bias di conferma). E’ infatti più utile avere una visione stabile della realtà, per quanto imperfetta, che una visione più precisa ma continuamente mutevole.
Le credenze di una persona possono essere definite patogene quando al perseguimento di un obiettivo sano e piacevole associano un pericolo, per sé o i propri cari, che può essere interno (per esempio, un sentimento di vergogna o di colpa) oppure esterno (un evento negativo). Un obiettivo sano è qualcosa che ognuno di noi potrebbe e/o vorrebbe raggiungere e può essere concreto (trovare un lavoro adeguato alle proprie capacità, riuscire a laurearsi, interrompere un rapporto che ci fa soffrire) oppure astratto (sentire di meritare cure e amore, avere una buona stima di sé, sentirsi meno ansiosi, ecc.).
Le credenze patogene si sviluppano nell’infanzia come tentativo di adattarsi a un ambiente traumatico, ovvero a “traumi da shock” (eventi imprevisti e/o gravi come la morte di un proprio caro, il divorzio dei genitori) o a “traumi da stress”, cioè situazioni o modalità relazionali problematiche che si ripetono nel tempo, come un rapporto genitore-figlio caratterizzato da continue svalutazioni e vessazioni o da una sistematica mancanza di sintonia e comprensione.
Le credenze patogene sono in genere inconsce ed esprimono inferenze, fatte nell’immediato o a posteriori, sulle situazioni traumatiche che ci si è trovati a vivere, spesso logicamente scorrette a causa delle caratteristiche del funzionamento psichico infantile: più egocentrico, meno logico, più iper-generalizzante e onnipotente di quello adulto. Per esempio, un bambino con una madre depressa e distaccata potrebbe pensare che la colpa di tale disinteresse sia da attribuire alla sua mancanza di valore, invece che alla patologia della mamma.
Le credenze patogene sono dunque funzione del bisogno di avere una rappresentazione affidabile della realtà e di preservare il proprio legame con le figure di riferimento, genitori e fratelli in primis, evitando di mettere in discussione la loro bontà, forza e saggezza.
La formazione delle credenze, anche di quelle patogene, è quindi funzione di scopi adattivi. Tuttavia, ciò che è adattivo per un bambino nel proprio ambiente di sviluppo, può non esserlo più quando quel bambino diventa grande o quando le circostanze in cui si trova a vivere, o i suoi bisogni, cambiano. La bambina che pensa di essere priva di valore perché così si è spiegata il disinteresse della madre, per esempio, quando arriva a scuola può avere difficoltà a studiare, a intervenire in classe o fare amicizia proprio perché pensa di non valere nulla: queste difficoltà possono finire per riconfermare la sua sensazione di essere priva di valore. Così, associando obiettivi sani a situazioni di pericolo, le credenze patogene finiscono per essere la base di inibizioni, sintomi e sofferenza.